compleanno alla Brioschina

3668629062_c8a3574b79

Nella nostra famiglia vige la regola che chi compie gli anni abbia diritto di decisione su dove e cosa mangiare.
La mamma ha deciso di andare a cena nel ristorante che internet dice essere il locale dove si mangia la migliore cotoletta alla milanese: La Brioschina (piazza Carrara 21 – tel. 0289501177).
Ristorante chic e raffinato, ma non eccessivo, arredato con sobria eleganza e qualità. Chef e personale molto cortesi e disponibili. La Brioschina offre un menu tradizionale rivisitato di ottima qualità.
Il Suro marinato all’olio di zenzero con cous cous ed il Karaaghe: pollo marinato alla soia e fritto veramente deliziosi.
La vera cotoletta alla milanese, come dicono gli esperti, è con la carne di vitello (e non pollo o maiale, come noi prosaici abbiamo sempre pensato) nella versione Brioschina è alta, è una specie di filetto di vitello impanato, ma so che ci sono due fazioni che si scontrano sul dilemma alta o bassa…
Con il suo salottino per fumatori, il cui unico neo sono dei fastidiosi neon, nel quale abbiamo bevuto un caffè napoletano con dolcetti mignon e un brandy eccelso nato ben prima del tecnico; con il suo bagno veramente a prova di mamma, con mini asciugamani di spugna monouso e la carta igienica morbida come una garza di cotone; con le piccole attenzioni, come il “dolce ricordo” una crostatina di cui i clienti vengono omaggiati per iniziare bene la colazione del giorno dopo, non possiamo che ringraziare la mamma per averci offerto questa opportunità…se ti piace il genere

scritto da l’esploratrice

Lascia un commento

Archiviato in carne, cucina regionale, mangiare, milano, recensione, ristoranti

serate etniche – eritreo

407653872_0437634627_b

Con curiostà e attesa eccomi dal tanto rinomato ristorante eritreo “Da Samson” (via Melzo 28 – tel. 02.201221).
Ambiente molto semplice, senza pretese, come un vecchio bar mai ristrutturato, pareti giallo Milano, tovaglie a quadretti e nessun ornamento tipico eritreo.  Il sig. Samson e sua figlia veramente cortesi e accoglienti.
Finalmente posso “infilare le mani” nel tanto rinomato Zighnì, una specie di spezzatino che può essere di pollo, manzo o agnello, leggermente piccante, adagiato su una specie di crepe spugnosa e insapore. Una parte del mio cervello di adulta ha inaspettatamente frenato la gioia ed il divertimento di poter (anzi dover) mangiare con le mani, ma si dice che la seconda volta si riesca a vincere questa specie di mamma virtuale che ci sussurra nell’orecchio “non si fa… non si mangia con le mani…”.
Uno strano, ma buono dolce che sembra un gelato non freddo, dal sapore di sabbia al sesamo.. da provare.. se ti piace il genere

scritto da l’esploratrice

1 Commento

Archiviato in carne, cucina etnica, mangiare, milano, recensione, ristoranti

un giapponese fuori le mura

07

Una splendida e soleggiata giornata di pasquetta trascorsa sul lago di como in visita alla mostra “CHAGALL, KANDINSKY, MALEVIČ – Maestri dell’Avanguardia russa” aperta a Villa Olmo dal 4 aprile al 26 luglio 2009. Una mostra molto piacevole, che mi ha fatto scoprire e apprezzare Kazimir Malevič e Pavel Filonov che non conoscevo affatto, in una cornice altrettanto bella e singolare quale Villa Olmo. Nonostante le opere esposte non diano un visione completa della vita pittorica dei maestri, è stata una visita gradevole, che mi sento di consigliare a chi passa per Como.
Questa piacevole giornata non poteva che concludersi con cena giapponese al Ristorante Tokyo (viale Lecco 113, Como – tel. 031307551), appena fuori le mura romane.
Locale gradevole,  sobrio ed elegante, ma senza ostentazione, camerieri gentili e non troppo invadenti, la toilette a prova di mamma, gli avventori non troppo rumorosi, l’atmosfera tranquilla e rilassante.
Sia il sushi sia gli altri piatti di buona qualità, il pesce assolutamente fresco, il riso non stopposo e di buon sapore. Molto strano il sapore del gelato al thè verde (molto mieloso) e delle palline dolci di riso e sesamo con dentro una specie di cremetta color cioccolato di cui non ricordo il nome, ma che hanno fatto sentire Gasparetto più esploratore di me. Gasparetto che ringrazio per avermi fatto provare il suo ristorante giapponese preferito, per la piacevole conversazione, e più che altro per aver acconsentito senza spazientirsi a rispondere a tutte le mie prosaiche domande e curiosità sulla creazione, colorazione e funzionamento della plastica, degli idrovolanti e per il tentativo (ahimè miseramente fallito) di insegnarmi a mangiare il sushi con le bacchette… se ti piace il genere

scritto da l’esploratrice

Lascia un commento

Archiviato in cucina etnica, in trasferta, mangiare, mostre, pesce, recensione, ristoranti, Uncategorized

Antica Trattoria “Lombardia”

img0062

Dopo un pomeriggio nella “ridente” cittadina dello shopping Serravalle Outlet (Via della Moda, 1 – Serravalle Scrivia – AL – tel. 0143609000),  tra finte casette, piazzette, fontane e viuzze lastricate di bel cemento, che fa invidia ai più nuovi centri storici dell’hinterland milanese;
dopo essere state prese dalla foga dell’acquisto ad ogni costo, dall'”ansia da prestazione” e conseguente proviamo tutto il provabile che qualcosa bisogna trovare; dopo chilometri macinati a piedi fuori e dentro i negozi quasi senza sosta e nonostante questo la sensazione di non aver visitato ancora tutto e di essersi persi un sacco di occasioni, all’arrivo dell’orario di chiusura della cittadella ci siamo meritate una buona cena… ma dove, nei paraggi o a Milano?!? la decisione è stata di avventurarci in una scelta randomica di un posto sulla strada di ritorno verso Milano… ed ecco che il caso ci porta al Ristorante Antica Trattoria “Lombardia” (c.so XXVII Marzo 139, Voghera – PV – tel. 0383646186), dal 1956, la cucina Oltrepadana.
Una decina di tavoli al massimo, caminetto, arredamento vecchio stile, come ci si immagina un’autentica trattoria di paese, il proprietario che assomiglia a mangiafuoco di pinocchio della Walt Disney, il burbero gentile per antonomasia, come colonna sonora la radio su canzoni di stile retrò sanremese (m’innamoro di te dei Ricchi e Poveri, come esempio più esplicativo) e latrati di cani dai cortili lì attorno.
Cucina dell’Oltrepò pavese e come vino una bonarda (buona, se ti piace il genere) e dopo questa introduzione do il via ai commenti:
Rantolina dice “il nervetto, un vero nervetto” nel frattempo l’idrovora ha aggredito il cestino del pane e ci elargisce del suo pragmatico commento a riguardo “sia il grissino che il pane sono giusti”; un wow generalizzato per il lardo battuto alle erbe, un pò meno esaltanti i salumi, ad eccezione de “il salame tartufato è una delle cose più buone che abbia mai mangiato”; “il sanguinaccio è tossico per i celiaci”, grigliata di carne niente di eccezionale, il brasato di asinello molto saporito, l’drovora è stata battuta dal bollito misto e ha dovuto con suo estremo rammarico lasciarne metà, nonostante la salsa verde eccezionale e la mostrarda di frutta… se vi capita di passare da quelle parti e se ti piace il genere…

scritto da l’esploratrice

1 Commento

Archiviato in bere, carne, cucina regionale, in trasferta, mangiare, recensione, ristoranti, Uncategorized, vino

Extreme Beauty in Vogue

Irving Penn - Mmasque beaute

In effetti non c’entra molto con il cibo, ma se per caso dovete far colpo su una bellissima fanciulla e volete giocare la carta “cultura” portandola ad una mostra al posto che ad un aperitivo, ma non volete andare a vedere i futuristi che non stimolano propriamente la sensualità e non aiutano le fantasie del doposerata ho un buon consiglio. Extreme Beauty in Vogue la mostra che quegli eleganti e mai volgari Dolce e Gabbana hanno organizzato per celebrare il lancio del make-up, curata da Vogue America, nel Palazzo della Ragione in piazza dei Mercanti.
Sia chiaro, io ci sono finita per lavoro, ma devo ammettere che tutto sommato non è male, qualcuno ha aperto pure un blog. Il palazzo è bello e l’allestimento tutto drappi bordeaux, inginocchiatoi per ammirare fotografie che hanno fatto la storia della bellezza aiuta ad abbassare la voce e ad ammorbidire i toni. Potete cosi ammirare molti visi coperti di bianco, a volte teatrali come pierrot a volte ricoperti di yogurt e cetriolini e quella salutista tutta nuda di Kate Moss sfigura quasi davanti all’eleganza delle composizioni fotografiche.
Diciamo che i ragazzi ci si sono messi d’impegno e hanno fatto le cose come si deve: foto di vips all’inaugurazione, Scarlett bianca come un cadavere nella gigantografia all’entrata della mostra, Jean Nouvel in qualità di direttore artistico e di artefice delle scenografie, comunicati stampa scritti in perfetto criticod’artese, inspiegabilmente aulici e pomposi sulle cui note chiuderò questo post:

“Grazie a una architettura temporanea, Jean Nouvel inserisce una realtà illusoria all’interno del Palazzo della Ragione, da tempo considerato luogo di emancipazione politica e laicità nella sua relazione topografica con il Duomo. Il tema della mostra fotografica ispira una scenografia paradossale, al contempo rispettosa e piena di humour, che si confronta con il culto contemporaneo dell’immagine e della bellezza”

Qualunque tentativo di tatuarsi la parola cultura sul sedere, specialmente di Dolce e Gabbana è adorabile, se ti piace il genere..

scritto da: il critico

Lascia un commento

Archiviato in milano, mostre, recensione

serate etniche – perù

lima

Ci sono quelle serate in cui hai voglia di provare qualcosa di diverso dalla solita trattoria o ristorante pizzeria con cucina italiana. Sabato era una di queste: la serata doveva portarmi a provare il tanto rinomato ristorante eritreo “Da Samson” (via Melzo 28),  ma come spesso accade gli eventi non sempre seguono il corso immaginato, e grazie a questo cambiamento, sono stata trascinata nel mondo della musica criolla del ristorante peruviano “la Peña de Pocho” (via Paolo Frisi 11 – tel 3341462808).
Ero già andata in una specie di take away peruviano con il tecnico e non avevamo trovato la cucina molto esaltante, il pollo broaster abbastanza buono come può esserlo un pollo arrosto senza infamia e senza lode e le altre specialità di carne non ci erano sembrate proprio favolose…
La Peña de Pocho, specializzata in piatti di pesce (come ho letto a posteriori sul loro sito) ha allietato Gasparetto e me con un Ceviche de pescado (Pesce macerato con limone, spezie peruviane) molto buono, ma anche veramente piccante, mentre al limite della mangiabilità i piatti di carne: la Frejolada (carne di capretto o manzo, riso e fagioli) e l’Olluquito: patata peruviana con prezzemolo e menta, che mi aspettavo essere tutt’altro rispetto ad una patata alla julienne un pò crudina immersa in una specie di sugo, simile a quello del brasato ma annaquato con aggiunta di rarissimi pezzettini di carne.
Non si poteva non assaggiare la Inca Cola, bevanda originaria del Perù dal colore della cedrata, ma dal retrogusto di gomma da masticare big babol e l’Arroz con leche (riso al latte dolce con uvetta), non proprio affini ai nostri gusti.
Come contorno sonoro (dal sonoro molto elevato) tre musicisti ci hanno “intrattenuto” con quello che si presume fossero i classici del
folklore melodico locale.
L’arredamento spoglio e agghiacciante come solo i peggiori bar/trattorie di paesini sperduti possono essere, foto del “magico perù” degli anni che furono, grand’angolo della cattedrale di lima in bianco e nero e poster a colori di machu picu arrivati direttamente dall’apt locale; è impossibile non segnalare alcuni pezzi di mobili lignei agganciati alle colonne, ma a livello soffitto, da noi nominate “credenze aeree” di ignoto significato ed utilità… se ti piace il genere

scritto da l’esploratrice

Lascia un commento

Archiviato in carne, cucina etnica, mangiare, milano, pesce, recensione, ristoranti

un cinese a milano

scansione11

Finalmente un ristorante cinese dove la presenza di finte lanterne rosse, draghi, paraventi di finta carta di riso, quadri di soggetto “cinese”, non pervade il locale e non mette a dura prova il buon gusto, il Mandarin 2 (via garofalo, 22/a – tel. 022664147 – la prenotazione è caldamente consigliata).
Finalmente un ristorante cinese dove il pollo con gli anacardi ne contiene più di 2 e non bisogna giocarseli a mora cinese…
un ristorante cinese dove il raviolo al vapore non ti si ferma sullo stomaco e non va innondato di salsa di soia per “prendere” o “perdere” sapore, gli occhi della stefola hanno brillato di gioia e di piacere quando ha assaggiato l’involtino primavera e testualmente ha commentato: “il più buono che abbia mai mangiato”, ed è proverbiale la sua predisposizione a non tirarsi mai indietro nell’assaggio…; eccezionale e particolare il mix di vitello e verdure ed il the verde. l’arrivo delle pietanze è stato un pò ingarbugliato con i ravioli dopo il riso cantonese e dopo gli spaghetti di soia, ma dall’espressione della cameriera mi sembrava più un ingarbugliamento accidentale piuttosto che abituale.
L’arredamento è sobrio ed un pò “cargo” style, la clientela molto varia: dagli estimatori dell’abbronzatura e abbigliamento alla Fabrizio Corona,
alla “famiglia chic” con moglie in pelliccia e figlia adolescente, dai manager in cena di lavoro ai fashion/trendy gayish style con occhiali firmati,
cardigan di fine cotone, pantaloni e slip così a vita bassa, da permettere la non bellissima visione di posteriori non proprio da copertina; da coppie in uscita romantica ad amici ritrovatisi dopo lungo tempo, da disegnatori/curatori di fumetti a giovane coppie con genitori…
Finalmente un ristorante cinese di qualità (ma con prezzi ragionevoli) con pietanze particolari, dal quale esci con un sorriso di soddisfazione e nessun tipo di pesantezza… se ti piace il genere

scritto da l’esploratrice

Lascia un commento

Archiviato in carne, cucina etnica, mangiare, milano, pesce, recensione, ristoranti

before (aka B4)

before-b4-milano-778571

se cercare parcheggio per una buona mezz’ora non ti spaventa, se abiti o lavori in zona, il B4 – BEFORE (via vannucci 13 – tel. 0258305632 – www.b4before.it) è da tener presente. cocktail discreti, servizio nella media, frequentato da una popolazione abbastanza fighetta, ma del resto tipica della zona porta romana. locale accogliente, particolari le pareti e volte in mattoni a vista ed il soppalco: unico difetto, non trascurabile, la difficoltà di ossigenazione nella parte soppalcata, un caldo tropicale abbastanza fastidioso, nonostante il locale non fosse affollato. la possibilità di esporre quadri, foto o sculture aggiunge un tocco di peculiarità al locale, consiglierei tuttavia un aggiornamento del sito, che nella sezione eventi ed esposizioni è fermo al 2007!

il critico dice che è meno brutto del suo nome, perchè tutti questi acronimi cside b4 2night sono veramente trash… se ti piace il genere

scritto da l’esploratrice

Lascia un commento

Archiviato in bere, cocktail, milano, vino

il greco di piazza greco

fotografie-0163

Frequentatori della taverna greca Mykonos sul naviglio martesana (via Tofane, 5 –  tel. 02.26.10.209) , dalla buona cucina e dall’ambiente sobrio e asciutto – camerieri compresi (la cortesia non sempre è il loro forte, per non parlare della simpatia, che però può essere considerata facoltativa…), si decide finalmente di provare il ristorante greco Callistos (piazza Greco 10 – tel. 02.36514072).

Dalla sobrietà all’eccesso: sedie finto luigi qualcosa, tendaggi alla via col vento color blu notte, in tinta con il tessuto delle sedie, delle tovaglie e dei tovaglioli, lampadari con gocce di finto cristallo di boemia, bassorilievi in gesso raffiguranti divinità greche alle pareti, per andare nel bagno (veramente pulito e a prova di mamma) si passa sotto un frontone decorato e tra due colonne greche smaltate di bianco; per non lasciar dubbi sulla raffinatezza e sobrietà del locale, luci al neon colorate passano dal rosa, al blu, al verde, al giallo e colorano i commensali seduti ai tavoli laterali (la fortuna ovviamente non poteva abbandonarci nel nostro grigiore e abbiamo cambiato colore per tutta la cena), e porta pane a forma di alveare.

Sufficienti le salsine tipiche greche e l’antipasto, buone le costine d’agnello, ma il prezzo totalmente folle (20 euro per 4 costine striminzite!!!!), mentre pessimi i souvlaki , che nella madre patria Grecia  sono degli spiedini di carne da Callistos hanno subito una trasformazione diventando un mini torsoli di kebap….  per non parlare della retzina (vino tipico greco dal sapore resinato) con retrogusto di panettone e del caffè greco al sapore di bruciato….

Il commento di LaBea, mio “Virgilio” nella cucina, lingua e usanze greche e amante del trash più autentico è stato:  locale “bello pittoresco” , peccato per il cibo…

Il greco di piazza greco… solo se ti piace il genere

scritto da l’esploratrice

1 Commento

Archiviato in cucina regionale, mangiare, milano, ristoranti

La tragedia Speakeasy

Sunday Morning

La domenica mattina è un momento delicato; hai un calo di zuccheri, devi riprenderti dalla mancanza di sostanze alcoliche nel sangue, e hai bisogno di calma per rimettere in ordine le idee (ero io con quella parrucca blu ieri sera? Eri tu che stavi in piedi sul tavolo? Era lui che fingeva eterosessualità?). Le tragedie culinarie non dovrebbero mai avvenire di domenica. Ma il tecnico con grande finezza suggerisce che questo blog aiuta a superare il senso di colpa e la frustrazione di un buon pasto andato male, dice che ha funzione catartica che ti salva quando esci triste e incazzato nero da un ristorante, ed in effetti ha ragione.

In questa recensione per una volta sarò anch’io tecnica e scriverò nel dettaglio senza le mie solite allegorie e figure retoriche. Quelli di cui parliamo oggi sono dati: tutto ciò che bisogna sapere per NON andare a mangiare il brunch allo speakeasy (Via Castelfidardo 7, 20121, tel.02 653 645)

Cominciamo dalla fine:
Il brunch costa 17.50, ma non perché allo Speakeasy ti facciano risparmiare rispetto al tipico brunch da 20 euro, ma perché poi ti fanno pagare 2.5 euro a testa per il coperto! Sarebbe evidentemente molto più elegante scrivere brunch a 20 e basta, ma non dev’essere venuto in mente a nessuno.

Oltretutto in questi 20 euro è incluso il caffè, il succo, l’aperitivo mimosa, ma niente acqua. Se vuoi bere gli dai tre euro per una bottiglietta da mezzolitro. Quindi il conto è tre brunch con due bottiglie d’acqua: 66 euro. Ma questo è niente anche perché quella bottiglietta da tre euro è la cosa più buona che riesci ad avere.

Non riesci nemmeno a farti il caffè in pace, c’è una macchina chiamata Brunch Machine che è un insulto all’intelligenza umana, e vorrei che qualcuno mi spiegasse perché è necessario che ci sia una macchina per mettere dell’acqua in una tazza dove c’è del caffè istantaneo? Cosa che rende anche molto complicato decidere quanto forte o leggera voglio la mia tazza di nescaffè (sì nescaffè solubile a prova di scemo).
Con il tecnico e l’esploratrice abbiamo cominciato subito a deprimerci ed abbiamo fatto una classifica delle cose cattive che mangiavamo ma per colore, cosi ci tiravamo su di morale, ed ecco il risultato:

la classifica delle cose più cattive in ordine di colore:
ROSSO
Primo in classifica il bacon più salato di tutto il vecchio continente, ve lo giuro era incredibile. L’esploratrice con la sua tipica neutralità commenta “il bacon non può essere come una suola di scarpa e se poi è anche salato”
Secondo delle polpette di qualcosa (probabilmente un’operazione di marketing per attirare golfisti).
Terzo le uova, le mie avrebbero dovuto essere fritte ma erano crude e viscide come solo le uova crude possono essere, ancora trasparenti con il rosso freddo, tecnico ed esploratrice le hanno prese strapazzate, ma al tecnico è andata male e le sue erano fredde (punizione divina)!

GIALLO:
Primo in classifica l’aperitivo mimosa che è incluso (piuttosto che l’acqua) ed è costituito dal terribile succo d’arancia (il tecnico dice che “sembra il Raush confezione da 300 litri, ma allungato”) allungato a sua volta con una specie credo di vino bianco frizzante.
Secondo il succo sopradescritto
Terzo, le patate se non sono fredde sono più buone delle uova e sicuramente dell’aperitivo mimosa!

Non c’erano cose da mangiare di altri colori fortunatamente. I dolci, le pizzette e la pasta erano buoni.

ultimi dettagli:
Tutti prendiamo il pesce crudo che però rimane nel piatto e guardandomi intorno mi rendo conto di quanti piatti abbandonati ancora mezzi pieni di cibo rimangono, nessuno finisce nulla di ciò che ha preso, sono in buona parte intoccati e mi viene un brivido.

Tra noi e il tavolo a fianco non sapevamo chi era più arrabbiato, ma decisamente loro che hanno sollecitato le uova due volte e che le stavano aspettando quando siamo entrati e hanno continuato ad aspettare mentre ci hanno fatto sedere, pulito il tavolo, preso l’ordine, portato le uova; tenete conto che il tempo è bastato per scrivere una recensione. Questo per dire che il servizio è lento nel portarti i piatti, quanto rapido nel portarti via il piatto in cui non hai ancora finito.

Ora rimangono solo un paio di dettagli, visto il dramma non dico niente sull’ambiente con luci rgb e neon rosa, ma abbiamo tutti e tre una paio di cose da aggiungere sulla simpatia del personale, che potrebbe superare il nord est caffè (altro locale da brunch famoso in città per assumere solo cameriere antipatiche e scocciate): l’esploratrice ha trascorso un quarto d’ora davanti al bancone a cercare di attirare l’attenzione di tre giovani che fingevano mutismo e sordità per avere un cucchiaino, il conto ci è stato fatto in malo modo e con disprezzo forse perché per battere i tasti sulla cassa la signorina è dovuta scendere dallo sgabello che la ospitava.
Insomma un tre in pagella alla fine dell’anno senza corsi di recupero e giuro che qui non vi può piacere il genere.

scritto da: il critico

Lascia un commento

Archiviato in brunch, ristoranti